L’accollo

– I biscotti sono finiti? – Si, scusa…erano gli ultimi. – Checco non mi aveva nemmeno guardata in faccia, puntava gli occhi fuori dalla finestra, rimirando un panorama che non esisteva, ingabbiato in un cortile condominiale. – Senti, ma hai usato di nuovo la mia tazza? – Perdonami…sai, Chiara non ne ha una, prende soltanto il caffè a colazione. Checco era in mutande, sdraiato sul divano che avevamo nella cucina comune. Era perfettamente a suo agio, come se fosse stato a casa sua. Ma quella, non era casa sua. Da qualche mese me lo ritrovavo tutte le mattine li. Era il mio accollo, Checco. A Roma si dice così, quando qualcuno estremizza i vincoli di un rapporto, e ti si appiccica addosso togliendoti anche il respiro. Il bello era che Francesco, Checco per gli amici, non era il mio ragazzo, ma si frequentava con Chiara, una delle mie tre coinquiline. Avevano però un concetto un po differente del termine “frequentarsi”: Checco usciva solo con Chiara, mentre Chiara aveva appuntamenti anche con altri ragazzi. Non capivo se Checco avesse subodorato qualcosa, fatto sta che tutte le volte che lei latitava, lui restava nei paraggi, e spesso e volentieri la sottoscritta se… Read More

Tutto uguale

La mia famiglia era originaria della provincia di Teramo, ma negli anni tutti i nostri possedimenti abruzzesi erano stati venduti, motivo per cui ogni volta che “andavo a trovare la nonna”, facevo tappa sulla Laurentina. Abitava in uno di quei palazzoni sorti durante gli anni Sessanta, dodici piani di cemento armato sparuti e isolati alle spalle di un riserva incolta e semi-rurale che si allungava quasi fin sotto Trigoria. La nonna stava al penultimo piano, in un appartamento di quasi cento metri quadri, fin troppo grande per le sue esigenze di anziana vedova. Il balconcino abitabile godeva di quella panoramicità tipica della periferia romana, che ti fa passare dalla magnificenza fascista dell’EUR fino alla residenzialità un po’ squallida di Spinaceto. Andavo spesso a trovare la nonna: abitavamo non troppo lontani da lì, in via delle Sette Chiese dalla parte dell’Ardeatina, e alla mamma faceva comodo lasciarmi per qualche ora, mentre lei sbrigava commissioni varie. Erano passati tanti anni da allora, ma ricordavo tutto come se fosse ieri. Quando la mamma mi telefonò per informarmi che la nonna era morta, di colpo ripiombai in quella vita, come se una reazione spontanea mi avesse portato a ricrearla per dare a lei una seconda, ancorché effimera,… Read More

Gli uomini mi guardano ancora

Il primo movimento di Claudia, al risveglio, era di gettare la mano sul lato sinistro del letto, alla ricerca di Piero. Immancabilmente, non trovava altro che le lenzuola, perché l’uomo era uscito di casa un’ora prima. L’aroma del suo dopobarba investiva ancora il cuscino, e la donna amava immergervi il viso, per qualche istante, prima di alzarsi. Piero sapeva essere passionale e incontenibile, e Claudia soleva ringraziare le pareti spesse e gli alti soffitti, che le impedivano di preoccuparsi di svegliare i suoi due bambini, o i vicini, durante la notte. Alle sette in punto, quindi, la giornata di Claudia iniziava frenetica. Dopo aver svegliato i figli e aver preparato la colazione, iniziava una staffetta ben oliata tra il bagno e le camere, e riuscivano, in una quarantina di minuti, a trovarsi tutti e tre davanti alla porta d’ingresso, pronti ad uscire. Al resto avrebbe pensato sua madre, che passava durante la mattinata per dare una rassettata alla casa. Claudia titubava sempre, davanti all’uscio, perché non sapeva cosa, o meglio chi, l’attendeva oltre. Viveva, quasi fisicamente, lo scarto che c’è tra il privato e il pubblico. Abitavano al primo piano di una di quelle palazzine d’ante-guerra che facevano da corollario… Read More