La Roma di Fuori è un non-luogo. Non esiste nelle mappe, non esiste nelle istituzioni. E’ una cintura irregolare che circonda la Capitale, oltre il Grande Raccordo Anulare, ai confini con i comuni limitrofi: ne fa parte, ma solo sulla carta, a volte neanche quella. Le chiamano “nuove periferie” e sembrano tutte uguali: un centro commerciale e tanti servizi promessi, mai mantenuti. Sono quartieri-dormitorio, meta dei trentenni single o delle giovani coppie che a Roma non possono permettersi di comprare in zone centrali. In questa serie di reportage le visiteremo una ad una.
Chissà cos’avrebbe pensato il grande Carmelo Bene, a sapere che gli avrebbero dedicato una via nel Comune di Roma. Una figura così controversa, infine istituzionalizzata. Chissà cos’avrebbe pensato nel vedersi dedicare il viale principale del neo-quartiere Porta di Roma, un vasto appezzamento di terreno che unisce Casal Boccone e Fidene attraversando il Parco delle Sabine e costeggiando, parallelo, il Grande Raccordo Anulare.
Viale Carmelo Bene non è come il nome farebbe pensare, non è una strada di negozi, di passeggio o di belvedere, anche se la linea dell’orizzonte arriva fino ai profili del Colle Salario. E’ un ibrido tra una circonvallazione veloce e una sopraelevata, e accompagna i fuoriusciti dal Centro Commerciale. Il destino delle nuove periferie è di avere una toponomastica legata ai grandi artisti di fine Novecento, eppure niente come Porta di Roma sembra così adatto per una rappresentazione urbana del non-luogo di Bene. Il grande attore lo interpretava come una declinazione del Grande Teatro, ma tant’è. Un teatro l’hanno pure costruito, nelle vicinanze, inaugurato cinque anni fa.
A Porta di Roma, tutto inizia e finisce con il Centro Commerciale. Chiunque graviti da queste parti viene a fare shopping all’IKEA, da Decathlon, magari al cinema, o semplicemente a farsi un giro tra i 220 negozi accatastati su tre piani. Tutto è funzione del Centro Commerciale, in primis l’uscita che gli è stata dedicata sul GRA, che la maggior parte delle persone considera come l’unica esistente e percorribile. Soltanto i residenti sanno che ci si può arrivare anche da via di Settebagni, oppure con un giro largo e poco intuitivo, percorrendo i viadotti dei presidenti, attraverso quella landa di terreni incolti intervallati da qualche gru.
Eppure, dei residenti te ne accorgi poco. Ci sono, ma vivono nascosti alle spalle di quella poderosa costruzione modulare ben visibile da qualsiasi punto cardinale. Camminano lungo gli esigui marciapiedi, sono sempre di fretta, da o verso casa, perché non c’è molto da vedere, lì intorno. Tutti vanno a Porta di Roma, nessuno ci si ferma mai. Il senso dell’abbandono stride con il taglio moderno degli edifici eretti attorno al silenzio, ed è certificato dalle numerose cartacce che si accatastano in mezzo alle carreggiate o ai bordi delle strade: soffia spesso molto vento, da queste parti, tra le colline verdi e selvagge e le palazzine infilate in prospettiva, al di sotto di ogni pessimistica previsione dei costruttori. A Porta di Roma ci sono persino le piste ciclabili, chimera romana, ma a meno di dieci anni dall’inaugurazione sembrano già vecchie e malconce, con la pavimentazione sgretolata e tante erbacce che spuntano di qua e di là. Chiunque potrebbe prendersi la libertà di parcheggiare un po’ dove gli pare, negli ampi spiazzi sempre liberi. Questo è un quartiere che da un anno viene lasciato al buio, senza illuminazione pubblica, come se quel che avviene dopo l’orario di chiusura non sia importante, come se tutto quel che conta, lì, è solo il Centro Commerciale.
Nelle intenzioni progettuali questo avrebbe dovuto essere un grande polo, non solo commerciale, ma un reale punto d’ingresso nella Capitale dal quadrante nord-est, fino a quel momento abbandonato a se stesso e all’eredità dell’abusivismo. Eppure nessuno riesce a togliergli quel senso d’isolamento, d’estraneità al contesto capitolino. Porta di Roma è decisamente meno periferico di altri progetti nati negli anni Zero, è interno al Raccordo e gode di trasporti pubblici meno sparuti, c’è la linea 80 che porta diretti alla fermata Metro di Jonio e a Piazza Venezia, la linea 86 conduce invece a Conca D’Oro. Percorsi lunghi, funestati dagli accodamenti dei pendolari mattutini, ma che sono comunque migliori rispetto a chi non ha proprio alcuna alternativa all’automobile.
Per chi riesce a trovare l’uscita dal Centro Commerciale, una chimera scovarla dopo aver recuperato l’automobile tra mille colori e lettere, dopo un circuito che sembra non finire mai, per chi desidera e ha la feroce intenzione di uscire da quel dedalo di cavalcavia e rotatorie capace solo di riportarti indietro, percorrendo la via di Settebagni si giunge su via della Bufalotta, l’ex-punto nevralgico e nominale del quadrante, una lunga arteria che parte dal Tufello e prosegue, circondata da sempre più sporadici villini, fin dentro la riserva della Marcigliana, da dove ebbe origine la tenuta agricola della famiglia Del Bufalo, che diede il nome all’intera area.
Anche qui, appena dopo la biforcazione con Tor S.Giovanni, oltrepassando una serie omogenea di siepi e cancelli privati, lasciandosi alle spalle anche la sede centrale dei Testimoni di Geova, la Bufalotta dà il via a una serie di nuove costruzioni, un quartiere immerso nel verde e a due passi dal Centro, come reciterebbe qualsiasi annuncio immobiliare degno di questo nome. La realtà ci mostra un crocevia di costruzioni apparentemente più ordinato rispetto a Porta di Roma, più curato nei dettagli, ma non per questo meno incompleto, meno isolato. Anzi, più desolato. L’assenza di un Centro Commerciale lo rende ancor più esposto a un regime da quartiere-dormitorio, le serrande abbassate ai piani-terra dei palazzi (chi ha coraggio di aprire un negozio qui?), la presenza di un solo supermercato, un discount, in tutti i paraggi, le campane della chiesa che suonano messa, chissà per chi. I terrazzi sono ampi e disadorni, la luce primaverile costringe chi vi abita ad abbassare le tende. Soltanto così capisci quali sono gli appartamenti abitati, gli altri hanno appesi gli striscioni con il numero di telefono del mediatore, anche i video-citofoni hanno poche etichette con i cognomi, mentre in giro è pieno di cartelli con la scritta vendesi, e trovi ancora tante gru in giro, per continuare a costruire negli appezzamenti intonsi e recintati dalle lamiere. E tu ti chiedi perché.
(foto di Francesca Minonne)
Le persone ci sono eccome e sono quelle che lavorano le famiglie … intorno c è il verde … le carenze dipendono dalla gestione pubblica di personaggi politici dediti solo ad interessi personali che concedono a privati costruttori aree nuove e che poi non portano a temine le opere e i servizi.pubblici scaricandosi a vicenda il barile delle responsabilità .. e le case li non costano poco, caro signore, e al centro certo che costano di più .. ma io non ci abitarei in mezzo al traffico selvaggio di roma neanche se avessi miliardo di euro da spendere .. se solo ci fosse il rispetto per le persone che ci dormono in quei palazzi .. e che sono la vita .. escono vanno al parco corrono sulle piste ciclabili vanno in bici fanno la spesa al supermercato a Colle salario non solo al centro commerciale e portano i figli a scuola E poi vanno a lavorare … non sono solo il dormitorio parassitario che mi ricorda i palazzi del potere e le attività inermi dei nostri politici … questi staranno pure al centro a palazzo Chigi ma dormono e basta e come …
Cara Fabiana,
Grazie per il commento. Nessuno vuole denigrare il quartiere Porta di Roma, ne ho solo raccontato, in maniera ovviamente sintetica, alcuni aspetti che mi hanno particolarmente colpito. Nessuna casa a Roma costa poco, ma le medie sono ovviamente più basse rispetto a quartieri più centrali. Questo ha fatto in modo che molti giovani decidessero di venire a vivere lì.
La politica ha molte colpe sulla creazione di questi nuovi quartieri. Il primo è stato di abbandonarli ai voleri dei costruttori, molto rapidi a tirare su edifici, altrettanto rapidi a sparire dopo aver venduto, dimenticandosi i servizi annessi e connessi che si erano impegnati a istituire.
Molto poetico. Ma è evidente che l’autore si è limitato a fare due passi nelle strade più isolate del quartiere. Magari un salto nel parco, o dalle parti dei negozi di via Bragaglia, via Mantoni o via Celi (pensa ci sono negozi al di fuori del centro commerciale!) gli avrebbe permesso di incontrare gli abitanti del quartiere che non sono fantasmi che scappano da Ikea appena possono ma che vivono il quartiere esattamente come in qualsiasi altra periferia romana. Non sto dicendo che la situazione è idilliaca visto che il problema della luce è stato molto serio (ma per fortuna ora risolto) e si potrebbero fare mille migliorie ma la retorica del “quartiere dormitorio” mi sembra davvero un po’ patetica
Buongiorno Nicola,
Grazie per il tuo commento. Il pezzo è ovviamente sintetico e non tratta di tutte le vie di Porta di Roma. Ogni quartiere ha bisogno di alcuni anni per “prendere vita”, ovvero per storicizzare e vedere nascere delle realtà sociali (scuole, parrocchie, centri culturali, negozi, ecc…). La domanda che mi pongo spesso quando mi trovo a trattare della Roma di Fuori è proprio questa: quanti anni ci vorranno per questi quartieri, visto che ci sono tante palazzine incompiute, tante case invendute, tanto da fare e che nessuno ha intenzione di fare?
Un saluto.
Il pezzo non è sintetico…anzi…si dilunga in uno stile poetico deprimente…cerca di attirare l’attenzione descrivendo uno squallore che è solo nella fantasia dell’autore…il quartiere è una pacchia!!! Centro commerciale a due passi, tutto a portata di mano…spazi aperti…tanto verde, vissuto e apprezzato dagli abitanti…non abbastanza valorizzato, ma ci sono le premesse e le potenzialità…piste ciclabili: attenzione…utilizzate per andare in bici e correre…MARCIAPIEDI SPAZIOSI!! Parcheggi quanti ne vuoi…autobus che ti porta direttamente in centro o alla metro…raccordo a due passi…io forse non sono normale, ma preferisco una situazione così piuttosto che un quartiere centrale “attufato” e claustrofobico…
Pur condividendo alcuni punti con l’autore allo stesso piace la pratica di mettere la cacca nel ventilatore…sintetizzare una dote essere superficiali invece non è una virtù..
Questo articolo fa acqua da tutte le parti…parla una sola voce, quella che l’ha scritto senza conoscere il quartiere….non è stato chiesto il parere di chi lo vive questo STUPENDO quartiere… Ci sono tante cose belle e non sto di certo ad elencarle a chi ha buttato solo inchiostro su un foglio e non lo vive il quartiere…. delusione totale
Ciao Susy,
Grazie per il tuo commento, anche se negativo. Come già scritto sopra, questo articolo ha lo scopo di gettare luce su posti spesso dimenticati da istituzioni e media, e che ben descrivono l’evoluzione sociale e urbanistica di Roma. Per esperienza, comunque, è sempre difficile ottenere un approccio imparziale e sereno da chi ha investito speranze, denaro e magari un mutuo trentennale su di un quartiere.
Mi viene solo da dire che chi ha scritto questo articolo o è in mala fede o è stato invitato a scrivere queste sciocchezze . Vieni al parco delle sabine la domenica mattina e vedrai famiglie e bambini e bici e persino cavalli del maneggio a godersi uno degli spazi verdi più belli anche se meno curati di roma
Ciao,
La Capitale è piena di spazi verdi belli e poco curati, ce n’è almeno uno per Municipio. Non credo sia il Parco delle Sabine a definire Porta di Roma, almeno non quanto il suo Centro Commerciale e le file che esso genera sul Raccordo e via di Bufalotta.
Un saluto.
Un articolo passepartout, adattabile per descrivere tante realta’ romane e necessariamente impreciso e poco connotativo di una realta’ in movimento con pregi e difetti ma sicuramente molto meglio di altre zone. A noi piace
Buonasera Bruna,
Grazie per il tuo commento. Ognuno ha il diritto di amare il proprio quartiere, è un sentimento che auguro a tutti di provare, quest’articolo non ha come obiettivo quello di giudicare, ma di descrivere. Le nuove realtà periferiche romane hanno molti tratti in comune, ma ciascuna si differenzia dall’altra per delle caratteristiche importanti, per questo motivo continueremo a fare reportage anche sugli altri.
Un saluto.
mio caro enrico giammarco…la sua descrizione e’ piuttosto superficiale….magari lo avra’ fatto x mettere luce su questo quartiere(voglio darle fiducia) ma scoraggia chi vorrebbe venire a viverci….io non so dove viva lei…ma le garantisco che ogni quartiere in crescita inizia cosi’ ma poi fiorisce…abbia piu’ fiducia nei suoi concittadini…gli esseri umani hanno grandi capacita’ creative….vedra’ tra qualche anno….
Buonasera Patrizia,
Grazie per il suo commento. Non siamo un’agenzia immobiliare, non abbiamo alcun interesse né a promuovere né a denigrare un posto rispetto a un altro. Come ho già scritto in un altro commento, è vero che tutti i quartieri, storicizzandosi, prendono vita, ma quanti anni ci vorranno se i lavori restano a metà e molti appartamenti rimangono invenduti? Le responsabilità sono di costruttori e politici, ovviamente, non dei residenti che, per esperienza, fanno di tutto per valorizzare il proprio investimento.
Un saluto.
Mi rammarico nel vedere sorgere dei quartieri in questo modo: urbanistica spicciola e poco ragionata, edifici scadenti, servizi appena accennati. Penso che sia un’occasiona mancata per fare della buona Arhitettura e della buona Urbanistica. Del resto se fossimo abituati ad avere qualcosa di vagamente decente dalle nostre amministrazioni, i costruttori in posti come Porte di Roma (e potrei citarne a decine) non avrebbe venduto neanche un apppartamento.
Buonasera Simona,
Grazie per il tuo commento. C’è stata molta connivenza delle amministrazioni, nella nascita di certi quartieri, che ha agevolato la bolla immobiliare.
Un saluto.
Verissimo! Questo è il motivo del fallimento dell’Architettura in Italia dagli anno ’60 ad oggi.
Che il quartiere sia stato lasciato in stato di abbandono nessuno lo nega e gli abitanti e i comitati costituitisi lo sanno bene e molto hanno fatto affinchè si risolvesse il il problema illuminazione. Ma consentitemi di dissentire sul senso dell’articolo: “quartiere dormitorio”! Questo sistema costruttivo lo abbiamo voluto noi, da sempre si è reclamato la zona residenziale e quella commerciale. Bene, ora le abbiamo ma le definiamo quartieri dormitorio. Personalmente, cosi come altre risposte, dico che non abiterei mai su via Tuscolana, via Appia o in tutte quelle zone dove non sei padrone nemmeno di far cambiare aria alla casa. Domanda: riusciamo a capire cosa vogliamo?
Ciao Franco,
Grazie per il tuo commento. I quartieri-dormitorio diventano tali perché non risolvono, anzi peggiorano, le condizioni di viabilità del tessuto urbano. Quasi nessuno ha la fortuna di lavorare vicino a dove abita, ed è costretto a prendere l’auto per la scarsezza dei mezzi pubblici. Se aggiungi un paio d’ore di traffico, tra andata e ritorno, al normale orario lavorativo, cosa resta della giornata se non cenare e dormire?
Un saluto.
Ok, per certi versi condivido il tuo ragionamento, ma se analizzo a fondo il problema mi vengono fuori queste considerazioni:
– le zone residenziali, per logica, si fanno verso l’esterno, mi pare veramente difficile realizzarle in centro.
– lavorare vicino a dove si abita non credo sia una fortuna perchè la maggioranza delle attività sono in centro e quindi, personalmente non ci abiterei
– i mezzi pubblici è un annoso problema, Roma ha una storia di oltre 2000 anni a cui si aggiungono gli abusivismi e quindi fare nuove metropolitane in una città come Roma è un vero problema. A tutto ciò ci si aggiungono le gestioni dissennate delle aziende municipalizzate e questo è il risultato.
– ricordo ancora il decentramento della Corte dei Conti in zona Serpentara, all’inizio ci è stato un forte rifiuto da parte delle maestranze a spostarsi nelle zone periferiche. Credo che decentrando le grandi aziende verso la periferia si possa alleggerire di molto il traffico, ma capisco anche che di contro ci sarebbe un forte abbassamento della vita abitativa e commerciale in centro. Credo che sia molto difficile trovare una soluzione che vada bene a tutti. Ultima considerazione sul traffico: ci rendiamo conto che le auto che circolano la mattina hanno una sola persona a bordo e che quando le scuole sono chiuse il traffico è molto più scorrevole?
Da piccolo vivevo dalle parti di Viale Bruno Pelizzi: ricordo che, a noi bambini, dicevano sempre che prima o poi una vastissima area non edificata e recintata tra via Pelizzi e via Fancelli sarebbe diventata il nostro enorme parco giochi, con panchine, campi di calcio e quant’altro. Ho guardato oggi su Google Maps: in trentacinque anni non si è mossa una pietra.